Socio Onorario
Massimo Lovati, nato a Genova nel ‘48, si distingue come figura poliedrica nel panorama dell’arte visiva, definendosi più come un narratore visivo che un fotografo.
Il suo percorso artistico ha le sue radici nelle sfumature della pittura e della grafica, guidato dal maestro Rocco Borella.
Nel 1976, Lovati si unisce al collettivo R.E.C. – Ricerche Estetiche Concrete, sottolineando il suo impegno nella ricerca di nuove frontiere artistiche e collaborando con giovani talenti in un viaggio creativo.
Successivamente, diventa uno dei protagonisti nella fondazione del Centro di Produzione Visiva e organizza laboratori didattici, incubatori di nuove idee.
La sua partecipazione a mostre collettive prestigiose come “Costruttivismo, Strutturalismo, Neoconcretismo, Nuova pittura” a Genova nel ‘77, gli conferisce un riconoscimento tangibile accanto a pittori come Borella, Sirotti, Carreri ed Esposto.
Del 1977 l’installazione del “monolite” a Monteghirfo: sette fotografie che catturano la scoperta visiva del paesaggio, sfidando la percezione e con l’ausilio di una struttura specchiante sul paesaggio.
Le mostre “Strutture modulari” al Palazzetto Rosso nel 1978 e “Spazio Cromatico” alla Cassa di Risparmio di Genova e Imperia nel 1979, testimoniano l’impegno artistico di Lovati. Di quegli anni il suo reportage in bianco e nero per le strade di Genova, intitolato “I Diseredati” offre un ritratto autentico degli invisibili, degli emarginati, degli homeless, pubblicato successivamente in un minibook dall’Ass. Culturale 1015.
Negli anni ‘80, Lovati si dedica completamente alla fotografia. Del 1981, la performance “Automanifestazione e autoidentificazione corporea” utilizzando la Polaroid per catturare istanti unici e significativi. Mostre come “Carene” nel 1981 e “Garibaldi vis à vis sé guardante precario doppio” nel 1982 offrono innovazioni monocromatiche.
Parallelamente, Lovati esplora il movimento, il dinamismo e si avvicina allo Sport con una sensibilità visiva unica per i tempi, “ridefinendo la fotografia di Sport tradizionale” (Franco Lefevre foto editor del Venerdì di Repubblica) attraverso l’uso audace di grandangoli e teleobiettivi, tempi di esposizione e giochi di luce, esaltando l’azione, il gesto degli atleti alle Olimpiadi, ai Campionati mondiali di vari sport e reinterpretando creativamente, artisticamente le forme e i colori del movimento, del dinamismo sia in fase di ripresa che in fase di elaborazione (prima chimica poi digitale).